Problema degli scrittori emergenti e criteri di valutazione nelle recensioni

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Carmelo Trianni
icon14  view post Posted on 2/10/2012, 15:42 by: Carmelo Trianni




Salve, sono l'autore dell'eBook "I racconti del Bosco di Hern" gentilmente ospitato in questa Community:
*http://www.scrittorindipendenti.com/2012/09/i-racconti-del-bosco-di-hern-di-carmelo.html
(scusate ma stranamente il sistema del forum mi dice che il collegamento non è valido)

Stamattina, leggendo con attenzione la recensione scritta altrettanto gentilmente da Amanda, mi sono accorto che è stato valutato per la scarsità e la superficialità dei contenuti.
Premetto che non sono uno scrittore, e che accetto critiche sull'impostazione di questo racconto, sull'accuratezza della narrazione, sugli errori grammaticali e ortografici, ma un po' meno sui contenuti.
Come risposto nel commento alla recensione stessa, ho avuto l'impressione che Amanda, per la valutazione del racconto, si sia soffermata su canoni "commerciali" o comunque "di successo", e se accade che una lettura si scosti da essi, viene considerata superficiale.
Questo, a mio avviso, capita molto spesso agli scrittori emergenti, per questo ho deciso di aprire una discussione pubblica, mi piacerebbe conoscere anche il parere degli altri, emergenti e non.

Per fare prima, vi espongo uno dei casi:
In questa parte della recensione mi si dice di aver "copiato" Saruman
"Il mago cattivo nei sotterranei scimmiotta Saruman usando il palantir (l'Occhio di Amelice) e creando nuove razze"

Saruman, il mago cattivo de' Il Signore degli anelli, una storia surreale campione di incassi con milioni di copie vendute in tutto il mondo!
Peccato però che la fantomatica sfera di cristallo chiamata Palantir, non sia invenzione esclusiva di Tolkien: la cristallomanzia è una pratica vecchia di quattromila anni, già nei paesi del nord. Poi Tolkien ha "scimmiottato" quella praticata nel medioevo quando invece dei cristalli sono comparse le sfere di cristallo.
Ma pensate un po' che originalità, Tolkien si rifà su una sfera di cristallo ormai consumata quant'è che è stata fonte d'ispirazione di scrittori nel corso dei secoli, mentre l'occhio di Amelice è una sorta di pozzanghera che per un misterioso sortilegio si trova sul soffitto di una caverna. L'acqua che forma questa piccola fossa "rovesciata" non cade tutta in una volta, ma goccia a goccia: esse sono lacrime di disperazione della dea.
Ora, ragionando obiettivamente, è più originale la sfera di cristallo di Tolkien o l'occhio di Amelice?
Riguardo la storia della creazione di nuove razze, questa risale al tempo della mitologia, infatti anticamente agli dei veniva attribuita questa particolarità:
"... agiscono instillando la follia e la corruzione nelle menti di coloro che riescono a raggiungere o che rimangono troppo tempo nelle loro vicinanze, e che sono in grado di creare nuove razze di creature, che fungono poi da servitori, modificando altre già presenti"
Anche qui Tolkien non si è fatto problemi a scimmiottare leggende vecchie di migliaia di anni...
Perchè sarei soltanto io a scimmiottare, e Tolkien no? Vale il numero di copie vendute?
Il fatto è che una riga di recensione scritta così, può buttare a terra un'intero eBook che non cerca di emergere, ma soltanto di farsi conoscere; mentre le copiature degli scrittori planetari, quelle no, non si chiamano copiature ma "ispirazioni" (a "che combinazione!" direi...)

Oltremodo ho trovato gran parte della recensione che non corrisponde alla realtà, avrei piacere (e penso anche il diritto) di esporne qualcuna, grazie in anticipo.
Ritornando al "soffermarsi su canoni commerciali o di successo", mi rifaccio al commento della recensione:
" ho l'impressione che il concetto di “fantastico” negli ultimi tempi, sembra che stia prendendo una strana piega, che sia positiva o negativa, comunque dettata dal consumismo. Il punto è questo: in un contesto di “surreale” e “fantasia” ci si può meravigliare di meravigliarsi? Io lo vedo come un controsenso!
Secondo voi il racconto “surreale”, deve seguire degli standard? Linee guida orientate da uno o più imprenditori che investono un tot di milioni di euro in pubblicità per promuovere una storia “Fantasy”, oppure dalla quantità di sangue versato, o dalla bellezza degli attori del film con il quale è stata rappresentata quella storia?
Cioè, dovremmo apprezzare storie di anelli che influenzano la mente degli uomini; di ragazzini che studiano in scuole per maghi, con tanto di bacchettina magica; e di uomini con i denti canini che succhiano il sangue, ma non quella di una ragazza di venticinque anni ossessionata da una fiaba? (e alla fine scopre che poi tanto fiaba non è, e quell'ossessione ha pure la sua bella spiegazione...)
Secondo il mio modesto parere, il “surreale” (lo dice la parola stessa) deve comprendere eventi, comportamenti, fatti e altro, che sicuramente non troveremo nella vita reale. Per cui non ci sono regole da seguire, può piacere alla singola persona oppure no.
In questa pagina ho raccolto le prime impressioni dei lettori, e questa è la conferma di quanto ho scritto sopra:
*https://www.facebook.com/note.php?note_id=129462273760782

Mancanza di riferimento a uno dei protagonisti:
Nella recensione di Amanda, sono state menzionate parti del racconto non proprio importanti, come lo stesso occhio di Amelice e la Coelesti Hierarchia, ma nulla è stato detto sul piccolo protagonista della terza storia: Daniel.
E’ la sua avventura vissuta fra due mondi a diventare "la morale" di tutta la storia, e a far riflettere il lettore inducendolo a chiedersi se siamo sicuri che tutto ciò che sogniamo appartenga soltanto ad un mondo immaginario tutto nostro. E' davvero essenziale svegliarsi stringendo nella mano un oggetto appartenente a un'altro mondo, per crederci?
C'è un motivo particolare per il quale è stata tralasciata questa parte, che personalmente ritengo la più importante?

Coelesti Hierarchia:
Forse più importante è stato ritenuto fermarsi sulla Coelesti Hierarchia, dando a intendere di aver scritto una cosa sbagliata, in riferimento al pantheon. Infatti, il pantheon non centra nulla, mi sono documentato sulla Coelesti Hierarchia di Tommaso D'Aquino.
Perché screditare così, senza neanche informarsi?

Mancanza di colpi di scena:
Nella recensione viene scritto "senza colpi di scena o misteri che si rivelino poco a poco"
A tal proposito, tralasciando i piccoli misteri, che vi assicuro questo racconto ne è davvero pieno, sfido chiunque, leggendo il racconto, a prevedere le origini delle ferite alla schiena di un uomo che si trasforma in lupo e combatte contro demoni, e soprattutto prevedere cosa c'è dietro al risveglio di Daniel.
(Vorrei capire quali criteri si seguono per scrivere delle recensioni... mah!)

Cosa dice questo racconto:
Secondo la recensione, nulla. Strano, eppure si parla di alcuni problemi degli adolescenti (certe fobie le vedo spesso anche a persone più grandi di venticinque anni); riferimenti ai problemi ecologici attuali (dove gli alchimisti nei loro esperimenti combinano materiali non proprio naturali, e i risultati li conosciamo bene); e per ultimo ma non per importanza, si propone ampiamente il mistero dell'esistenza dello spirito (che già di per sé è fra i misteri più discussi da sempre) dopo la morte.
Ma che cosa deve dire un racconto più di questo?

In definitiva, invito a prendere in considerazione queste mie osservazioni, ovviamente replicando dove non non ci si trova d'accordo.
Al contrario, non chiedo una rivalutazione del racconto stesso, ma la correzione della recensione, perché così com'è, ritengo che danneggi la mia persona e il racconto stesso.

Grazie per l'attenzione e soprattutto per la pazienza :)

P.S.: a chi facesse piacere approfondire la discussione sull'originalità dell'Occhio di Amelice, confrontato col Palantir di Tolkien, riporto qui sotto la sua piccola storia:

"Stranamente, invece di portarsi verso l’esterno e raggiungere la radura nella zona occidentale di Pangoria, passarono per una serie di cunicoli che portavano nella zona più profonda delle caverne, dove giunsero in un corridoio apparentemente senza uscita.
<< Posso chiedere dove siamo diretti mio signore? >> chiese affannosamente Drusio mentre cercava di mantenere il passo veloce del suo padrone.

Il mago sorrise, sapendo di non essere visto. << Andiamo a vedere cosa accade al di fuori della città di Pangoria. Lui riesce a vedere in qualsiasi punto della terra, ed anche oltre… >>

Arrivarono in fondo all’ultimo cunicolo ed oltrepassarono quella che pareva essere una parete di pietra; in realtà era l’effetto della luce delle torce riflessa sui minerali ferrosi che sporgevano dalle pareti delle gallerie. Si ritrovarono in una stanza circolare scavata nella roccia, buia e senza altri accessi. Nouck sistemò la sua torcia su un supporto messo sulla parete; Drusio invece, continuava a guardarsi intorno cercando di capire in che modo il suo padrone sarebbe riuscito a vedere oltre il bosco.

<< Ma qui non c’è nulla mio padrone. Soltanto buio ed umidità. >> osservò il piccolo uomo voltando il palmo della mano verso l’alto con l’intento di raccogliere delle gocce d’acqua che continuavano a cadere copiose giù dal soffitto.

<< Sei il solito tardo… Illumina più su, proprio da dove cadono quelle gocce! >> ribatté il mago con tono infastidito. Quando la sua torcia illuminò quello che doveva essere il soffitto di quella specie di grotta, Drusio balzò improvvisamente indietro, allontanandosi dal centro della stanza con un certo senso di ribrezzo. Ripulì la mano ancora bagnata, sfregandola sulle sue vesti.

<< NO! Non è possibile! Allora esiste realmente! >> esclamò esterrefatto.

<< … l’Occhio di Amelice, la Dea Piangente! Non è soltanto una leggenda come tutti credono. >> disse con fierezza il mago.

<< Sì padrone, e quelle gocce che cadono giù, non sono acqua ma lacrime di disperazione. Quello lassù dovrebbe essere l’occhio della dea Amelice… si racconta che fu lei stessa a strapparlo dal suo viso per sistemarlo in un posto segreto qui sulla terra. Bella questa fiaba, a Drusio piaceva tanto ascoltarla quando era un bambino: una giovane dea che s’innamorò perdutamente di un umano, contro il volere del resto degli dei. Suo padre, il dio Oredone, strappò lo spirito del giovane uomo dal suo corpo lasciandolo a vagare nel Regno di Gaia, per sempre. E fu così che la disperata Amelice si privò di un occhio per usarlo alla ricerca del suo amato nell’immensità del regno di Gaia. Un intento quasi impossibile anche per una dea. Ma lei rese quell’iride molto speciale, perché riusciva a guardare in qualsiasi punto di entrambi i regni: nel regno della terra e nel regno di Gaia... Padrone, allora se non è una fiaba, quell’occhio è coperto da una maledizione! La dea piangente sfrutta la curiosità degli umani che vogliono scrutare nei posti più nascosti e lontani della terra, per cercare il suo amato nel mondo parallelo degli spiriti. Allorché sarà trovato, lei strapperà lo spirito di chi guarda, per sostituirlo con quello del suo uomo. E’ molto rischioso padrone, sarebbe meglio lasciare questo posto! >> Drusio parlava con voce tremante e gli occhi sbarrati, continuando a pulirsi la mano ormai asciutta.

<< Taci verme! Dalla tua bocca sono uscite solo scempiaggini! Come puoi definire maledetto qualcosa di così prodigioso? Osserva che meraviglia… >> Entrambi guardarono verso l’alto.

Ciò che si mostrava ai loro occhi era una piccola pozza dalla forma circolare schiacciata, ricolma d’acqua ma… “rivolta verso il basso”. L’acqua, probabilmente a causa di una magia misteriosa, non cadeva tutta giù, ma veniva trattenuta e rilasciata gradualmente in un’interminabile successione di gocce. Il mago si posizionò proprio al di sotto del grande occhio, congiungendo le mani in modo da formare una piccola coppa e raccolse molte lacrime della dea. Poco dopo si apprestò a bere ciò che aveva raccolto, solo lui. La superficie dell’acqua contenuta nella pozza fu colta da un fremito che durò pochi attimi. Nel momento in cui ritornò piatta come prima, il suo riflesso non rilasciò l’immagine delle torce e dei due uomini che si trovavano al di sotto, bensì qualcosa di totalmente diverso. Il mago Nouck ebbe modo di vedere come le sue bestie si erano adunate nella radura, a poca distanza dalle mura che presentavano l’ampia breccia provocata dai trabucchi".


 
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